mercoledì 26 ottobre 2011

L’enseignement de la littérature





Così, un giovane italianista, che tuttavia insegna negli Stati Uniti, Franco Ferrucci (intervenendo in una tavola rotonda su L’enseignement de la littérature, ora nelle edizioni Plon, Paris 1971), ha descritto la condizione degli studi di letteratura italiana nel nostro paese: «Si comincia un corso di letteratura con la storia della critica, che finisce con l’occupare la maggior parte dell’anno; conosco dei casi in cui un mese prima degli esami non si è ancora studiata una sola opera dell’autore al quale ci si interessa […]. Si assiste dunque a una fuga continua dal testo, anche a livello dei seminari, dove si indugia ancora e sempre sulla storia della critica…». E, del resto, chi ha qualche esperienza di una situazione siffatta riconoscerà che il maggiore ostacolo a modificare un costume mentale ormai cristallizzato proviene in particolare da coloro che dovrebbero essere invece i beneficiari oltre che i naturali destinatari di un orientamento didattico veramente aggiornato e problematico, cioè gli studenti, i quali – e lo sappiamo benissimo – concepiscono anche la loro dissertazione di laurea come un esauriente – nel migliore dei casi – repertorio di notizie sulla fortuna critica dei loro autori o dei loro temi. È vero, d’altro canto, che questa inerzia applicativa, la routine insomma, trova una spiegazione nell’enorme e inquietante massa di problemi e di incertezze che segnano la questione di fondo: perché si insegna la letteratura?, o addirittura: è possibile insegnarla? Dal momento che è concepibile trasmettere, cioè insegnare, solo il sapere scientifico – e la letteratura di certo non vi rientra – ne consegue l’impossibilità del suo insegnamento. […]
Ma come negare, all’interno della storiografia letteraria, il valore d’una ricostruzione degli stati della sensibilità o degli atteggiamenti di costume? D’accordo, ma allora ci si dovrà interessare non solo allo stato della sensibilità in cui l’opera si inserisce, ma anche alla nuova sensibilità che si coagula intorno all’opera e dopo l’opera, cioè agli effetti sociologici e culturali dell’opera, trasformatasi in «meteora catalizzatrice» delle tendenze più o meno latenti di coloro che ne sono i destinatari. Con un avvertimento di massima, tuttavia, che tesaurizza più d’un secolo di veggenti affermazioni intorno al lavoro di metodica riflessione che è l’arte: lo scrittore è certamente sensibile, ma soprattutto – è stato detto – all’arte, ai problemi del suo lavoro.

Gabriele Catalano, dall’introduzione a Teoria della critica contemporanea. Dalla stilistica allo strutturalismo, Napoli, Guida 1974, pp. XI-XV.