martedì 13 dicembre 2011

Nuages 2 (Variante)



Qualcuno ha detto che il mio blog è troppo letterario, che c’è troppa cultura, troppo pensiero. Che non passa la vita quotidiana, con la sua banalità ma anche con la sua vitalità, ripetitività, con persone e situazioni. Qualcun altro mi fa notare che sono fiabesco. Allora ho cambiato progetto e parlo delle nuvole. Ma un problema si pone, subito: il mio anti-blog non è un diario, quindi i nomi delle persone sono di fantasia. È vero che chi pensa troppo non corre alcun rischio, gli avvenimenti di tutti i giorni possono essere banali o ordinari o significativi, non gli succede niente di male, nemmeno a stare nella vita e postarla nel blog senza filtrarla. Viceversa, non è neppure vero che io penso troppo. Io non penso affatto. Al posto mio pensano i libri, i film, dentro di me c’è il vuoto.
Di che stiamo parlando? Della musica assoluta. Passo ore a fissare un libro senza capire che cosa stia dicendo, oppure me ne sto sdraiato su un letto a fissare il soffitto. Se parlo con qualcuno, non lo capisco, devo fare uno sforzo. Se ne vale la pena, lo faccio, altrimenti mi comporto a talento, secondo l’umore. Se scrivo, soltanto in un secondo momento, in un terzo, cerco di riordinare il discorso, di restituire un minimo di senso logico. Dunque, penso pochissimo. Tutt’al più ripenso, a una scenetta cui ho assistito stamattina, uscendo presto di casa. Pioveva. Tempo grigio, da lunedì mattina anche se è martedì e adesso c’è il sole, mentre mi avvicino alla macchina stentando a entrare, con la scusa di finire una Marlboro, due ragazze si accapigliano accanto a me per un libro di Baricco.
L’una: “Che lo leggi a fare?”
L’altra: “Fatti i fatti tuoi!”
Percepisco chiaramente queste parole che si scambiano tra loro, sono incuriosito, intervengo per dire:
“Perché no? Non è peggiore di tanti altri.”
Dove pensate di trovarmi, non ci sono. Hanno bussato alla porta, un uomo che non conosco mi guarda e mi parla dell’acqua, devo aprire il rubinetto dell’acqua per cinque minuti, ne uscirà pochissima. Lo faccio. Di acqua, ne esce un filo sottile, quasi nulla. La prospettiva mi rallegra, anche mi rasserena: per essere uno che non pensa, sono successe tante cose già da stamattina, e resta ancora una lunga giornata fino a notte fonda, con due piedi in una scarpa contemporaneamente. Una delle tante volte che sono andato in Sicilia, per esempio, sono ripartito dopo venti giorni di avventure per arrivare in Francia invece che a New York, in un'altra storia. Ora mi citofonano e mi avvisano che l’acqua posso chiuderla. Lo faccio. (“Una nuvola si mette d’accordo con l’altra”.)