sabato 24 marzo 2012

L'ateismo di Giacomo Leopardi

Il libro di Marcello D’Orta All’apparir del vero. Il mistero della conversione e della morte di Giacomo Leopardi (Piemme) è spesso insopportabilmente retorico. Noiose e dopotutto inutili le molte pagine che indugiano sul mistero della sepoltura del poeta-pensatore. La tesi di fondo – una presunta conversione in extremis al cristianesimo da parte di Giacomo Leopardi – è forzata e non convince. 

venerdì 23 marzo 2012

La Commissione per le indicazioni nazionali avrebbe censurato alcuni autori italiani del Novecento. Una polemica sbagliata.



La libertà d'insegnamento è garantita dalla Costituzione, e nessuno obbliga a non trattare Sciascia o Quasimodo al quinto anno, o anche prima e lo dico per esperienza diretta. Non vedo dove sia la censura se in un modulo per es. sul Novecento, in particolare mettiamo sul famoso "impegno" (che nel radicale Sciascia fu oltremodo indiscutibile, come in Moravia che a sua volta nemmeno si asservì mai, neppure durante il fascismo, ad alcun ideologismo) degli intellettuali si introducano unità didattiche riguardanti Sciascia o Vittorini (se proprio ci si tiene; Vittorini che non capì Il Gattopardo), e addirittura nel biennio non mi risulta che siano scomparse le pagine riguardanti gli autori oggetto di questa stravagante rivendicazione, nella fattispecie data. Non vedo come si possa censurare una lezione riguardante una di queste unità didattiche, a parte il fatto che in genere le programmazione di dipartimento prevedono strumenti e metodi assolutamente personalizzabili e adattabili alle innumerevoli variabili specifiche, come per es. appunti o materiale in fotocopia o altri testi o laboratori di lettura, magari su Scotellaro, ecc. Tutto ciò è di una ingenuità disarmante. Il problema sono semmai i tempi: a stento si arriva a D'Annunzio e Pirandello purtroppo. Ma sulla scuola ognuno è pronto a sparare a zero, sulla scuola si è sempre poco o niente affatto informati, anche da dentro fino alla negazione dell'evidenza davvero, intorno alla scuola e all'Accademia da sempre circolano le polemiche più bizzarre e fantasiose, questa qui in particolare è sbagliata e strumentale in un modo che fa cascare le braccia per terra.
È una polemica sbagliata, strumentale e anche ridicola, si richiede all'istruzione pubblica di affrontare e risolvere qualsiasi problema e nei vari insegnamenti che si ricoprono, di trattare tutto, come anche all'università laddove l'una e l'altra non possono che offrire alcuni fondamentali strumenti di conoscenza critica; è ancora poco lo so, ma sarebbe già molto questo poco, e lo è. Sono, invece, con lampante pressappochismo, questi, nient'altro che pretesti accampati da chi non vive quotidianamente la realtà delle cose. Si fa una gran confusione: è ovvio che se nella circolare ministeriale sono stati fatti dei nomi, non si impongono come elenco esaustivo se non come elemento rappresentativo, che non è in grado di circoscrivere il limite della scelta legittima in senso critico e necessariamente pluralistico. E qui - come altrove - è evidente il comportamento (che, per giunta, non mi meraviglia affatto) che interessa una parte - forse più “forte”, mi augurerei di no... - della cosiddetta cultura italiana che non solo è molto provinciale, anche quella extra-accademica, ma anche - come in questo caso - conformista e acritica, di grave peso propagandistico e antipedagogico. Insomma, la matrice che sottende una strategia siffatta è simile al delirio per il tifo sportivo ed è di tipo fortemente sottoculturale. Il conformismo è il primo nemico della conoscenza.






BIBLIOTECA NAZIONALE NAPOLI Ufficio Stampa Gennaio Febbraio 2011 n° 1


Certo, non tutti hanno la fantasia del mitico Sandrino De Fazi, artista, docente di greco e personaggio di culto su Facebook, che per le edizioni Fabio Croce ha pubblicato Ti scrivo brevemente per chiederti scusa dei miei silenzi, ecco dov’era finito, sotto lo zen della Caggiano, e lui chemirimprovera di non citarlo mai: e già che ci sono lo metto in bella vista vicino al mio pupazzo di Spiderman, De Fazi è un caso raro. (Massimiliano Parente)

domenica 18 marzo 2012

La grande festa di Dacia Maraini. Una recensione



Non siamo più abituati a frequentare i morti. Ci sottraiamo alla loro voce per paura soprattutto di noi stessi, della nostra follia che pretende quel dialogo possibile, né sappiamo ascoltarli quando ci interpellano in sogno, in veglia, attraverso un colore, un suono, in cento modi. La grande festa di Dacia Maraini costringe invece il lettore a misurarsi proprio con questo argomento impopolare e sgradevole, eppure fondamentale per la nostra consapevolezza intrecciata con la vita. Dopo la morte è il nulla, come prima della nascita, leopardianamente, oppure quale pneuma, quale anima vivrà immortale dopo la separazione dai corpi? Risponde solo il mistero, quello dell’improvvisa morte di Moravia, quello «terribile e osceno» dell’assassinio di Pasolini. L’insofferenza di Pascal per l’hic et nunc è smussata e dilatata nella prospettiva ulteriore offerta dall’immaginazione. L’autrice va fino in fondo al dolore per ricordarsi di ricordare (Dimenticato di dimenticare è il titolo di un suo libro di versi) in questa meditazione sulla morte magistrale per la presenza di mito e verità (molte pagine sono dedicate alla storia d’amore con Giuseppe Moretti, alle sue ultime battaglie contro la malattia) ma che allo stesso tempo è parziale in quanto non ci sono ancora state consegnate le sue memorie complete. Eppure Simone de Beauvoir a suo tempo le scrisse! E saranno certo moltissime quelle della Maraini, riguardo alla piccola Bloomsbury romana che vent’anni fa era il cuore del mondo letterario italiano. Che dire allora della grande festa dell’aldilà, ammesso che ce ne sarà una? «Forse – conclude la scrittrice – sarà la voce della poesia a tenere in movimento le menti. E le parole penderanno dai rami come frutti. E si faranno canto mentre la lira di Orfeo riprenderà a suonare scendendo dal cielo stellato.»

Sandro De Fazi per l'EstroVerso, Marzo-Aprile 2012