martedì 25 settembre 2012

ENEIDE PRO O CONTRO AUGUSTO?




Il fascino dell'Eneide consiste, oltre che nella sua incompiutezza appena percepibile, nell'essere un'opera ideologicamente ancipite, secondo una duplice possibilità interpretativa che la critica ha reso ugualmente legittima:

1) La tesi tradizionale vede nel poema l'adesione totale alla propaganda augustea: mos maiorum, centralità di Roma dopo la battaglia di Azio, centralità della persona di Augusto (da non adulare però in maniera diretta), religione di stato come appartenenza civica, ecc. 
È  la posizione di Richard Heinze e di Eduard Norden. 
Più recentemente Pierre Grimal, pur se in modo problematico, ha dato sostegno a questa interpretazione.

2) Il punto di vista di Verg. è costruito, meccanico, formalistico nelle parti encomiastiche dirette (poche, come secondo propaganda) e indirette (la guerra). La visione della storia e quindi dell'imperialismo romano è pessimistica. Il poema si può leggere in chiave di (latente) opposizione al regime. 
Iniziatore di questo discorso fu negli anni ’50 Victor Pöschl, che senza mettere tuttavia molto in discussione il carattere augusteo coglieva elementi di contraddizione attraverso la simbolizzazione interna alla struttura etica dell’opera. Successivamente, con maggior decisione la scuola di Harvard (Adam Parry, Wendell Clausen, Michael Putnam) portò avanti negli anni ’60 la tesi antiaugustea. 
Se il programma culturale vuole il trionfalismo della Romana gens, prevale al contrario l'adesione profonda all'umiltà degli ambienti rurali e una voce di sconforto accompagna il canto interiore contrapposto alla celebrazione esterna della res publicaEnea è più intenzionato a guardare indietro verso la città perduta che non a costruire le premesse di un futuro vittorioso, inoltre è più credibile come furens che come pius quando combatte nel Lazio e uccide Turno che pure gli si era rivolto in atteggiamento supplichevole.
La morte di Virgilio di Hermann Broch è piuttosto su questa linea. Il romanzo racconta le ultime ore del poeta agonizzante a Brindisi, fino alla sua morte avvenuta undici giorni prima delle Calende di ottobre, essendo consoli Gneo Senzio e Quinzio Lucrezio, esattamente il 21 settembre del 19 a.C. Nonostante che durante l'ultimo viaggio in Grecia, già a Megara Virgilio avesse chiesto a Lucio Vario di bruciare l'Eneide, contravvenendo al suo desiderio il princeps ordinò a Plozio Tucca e allo stesso Vario di curarne l'edizione, permettendo loro solo i ritocchi puramente indispensabili senza alterare il testo con integrazioni.