lunedì 10 dicembre 2012

Contenimento dell'angoscia




Jean-Auguste Ingres, Edipo e la sfinge




Bisogna fare in modo che l’angoscia (angustiae, Enge) non si sviluppi ma che il segnale iniziale in termini reali venga percepito come preparatorio, al fine di riproporre emotivamente e razionalmente il contenimento dell’angoscia.

L’angoscia reale è uno stato affettivo proprio dell’animale mammifero e ha origine nella separazione dal seno. L’eccitamento libidico frustraneo e la limitazione sessuale sono cause di angoscia nevrotica. La differenza tra angoscia reale e angoscia nevrotica può essere esclusivamente quantitativa, perciò la situazione angosciosa è in grado in determinate circostanze di slatentizzare la nevrosi di traslazione. Al posto della libido subentra l’angoscia. Freud chiarisce che l’emergere dell’angoscia nevrotica «spetta all’astinenza sessuale […] naturalmente solo quando la libido cui non viene concessa una scarica soddisfacente è relativamente intensa e non è stata per la maggior parte liquidata dalla sublimazione. Certo sono sempre i fattori quantitativi a decidere se l’esito sarà patologico o meno» (Introduzione alla psicoanalisi, Boringhieri 1978, p. 363).

Il contenuto rimosso determina la resistenza e il passaggio dalla frustrazione al sintomo deve essere ricostruito.

Come ha fatto la paura di fronte a un pericolo reale a produrre il sintomo?

Quale consapevolezza ulteriore deve essere stabilita affinché l’angoscia reale non sfoci nel sintomo?

Perché, pur avendo organizzato emotivamente e razionalmente la strategia di difesa all’insorgere del segnale di pericolo, persiste lo stato affettivo tormentoso?

Che cosa dal punto di vista libidico non ha funzionato normalmente per far fronte all’antitesi tra l’Io e la libido?

È chiaro che i due percorsi (oggettività del pericolo e predisposizione soggettiva al sintomo) vanno affrontati simultaneamente o, meglio, dialetticamente.