venerdì 26 aprile 2013

Il topic è: emozione


Se è impossibile analizzare dal punto di vista dinamico gli account di Facebook, perché mancano le emozioni, i gesti, ecc., e poi si possono artare nel senso della rappresentazione volontaria (ma è coglibile forse qualcosa in questa operazione di artificio), si potrebbe invece applicare l’analisi patografica di Jaspers. Solo che, anche in questo caso, non c’è tutta la vita. Pur considerandoli dei documenti, gli account sono dei monumenti, e in qualche caso interessante questo va benissimo. Bisogna sempre vedere che cosa ci si mette nel monumento, e di chi è. Andare dall'account alla persona reale fa paura, le persone hanno paura di questo. Ma secondo la storiografia più avanzata - o, meglio, spesso dal punto di vista cronachistico, e non dei più coinvolgenti: anzi, respingenti - ogni documento è un monumento, come dato di fatto (riguardo a quello che è, e che non può essere altro anche se può rimandare ad altro), o vogliamo dire vetrina, scelta situazionistica, e così via, ma parlare di oggettività, nella fattispecie, è impossibile. Gli account di Facebook, fenomeno nuovo e da studiare, non sono persone, non ci sono emozioni. Si possono provare emozioni e anche trasmetterle (basta leggere una poesia e il gioco è fatto) ma non sono derivabili dalla presenza fisica. L’emozione in questo senso non passa, l’inconscio sì.

domenica 14 aprile 2013

I gentilissimi




Il romanzo Vita di Alberto Pisani di Carlo Alberto Pisani Dossi (ma non è un’autobiografia, come il lettore sprovveduto potrebbe ritenere) non segue una linearità cronologica progressiva, del resto Dossi ammirava molto Sterne. Inizia col Capitolo quarto, prosegue col Capitolo primo, col Capitolo secondo, Capitolo terzo, Capitolo quinto, dopodiché c'è la sequenza regolare dei capitoli sesto, settimo, ottavo, nono, decimo, undecimo, duodecimo, decimoterzo, decimoquarto, decimoquinto. Insomma c'è la famosa prolessi del Capitolo quarto, spostato in esordio. - sdf

*

Fu la mirabile Beatrice, vera? e tutta vera? oppure Dante, dalla sua unicità condannato a non trovar altri, se la plasmò o compì nell’alta fantasìa, poi illuso gioì e sofferse, dell’ombra sua?... Ma, chèh! Dante a parte; quantunque da ognuno si dica che Amore ci è, chi veramente il travide? – In questa folla che passa, mai non cessando, e si traùrta come i pajoli, tingèndosi anche, i più, cioè il marame, crèdono amore, cose che non ponno avere altri nomi; i gentilissimi, e pochi, sospirano inutilmente il loro secondo ed ultimo tomo.

Carlo Dossi, dal Capitolo quarto di Vita di Alberto Pisani

mercoledì 3 aprile 2013

Verso e contro-verso. Cavalcando/2


Un ellittico verso senza virgola è “forse cui Guido vostro ebbe a disdegno(Inf., X 63), uno dei più controversi della Divina: “forse” si riferisce a “mi mena” del verso precedente (“colui ch’attende là, per qui mi mena”) e non a “ebbe”. E sì che sarebbe bastata una virgola per chiarire il tutto ma, con quella semplice aggiunta asindotica  (ἀσύνδετον), dove sarebbe finita la polisemia del testo? Infatti non c'è dubbio che Cavalcanti (“Guido vostro”) avesse a disdegno ma chi (“cui”), Beatrice o Virgilio? Tutt’e due, la portata simbolica di entrambi. Sincretismi danteschi.