E dire che perfino Kierkegaard fu deluso dal corso
dell'ultimo (o penultimo) Schelling, a suo giudizio non dissimile per noia
dalle prediche di un pastore protestante: "A Berlino io non ho più niente
da fare - avrebbe detto. - Io sono troppo vecchio per stare a sentire lezioni,
ma Schelling è troppo vecchio per tenerle." Ma il problema è che non
esiste accordo tra gli studiosi nel periodizzare le fasi del pensiero di Schelling,
come ho già detto invece l'ultimo Schelling può benissimo rientrare nella terza
fase, quella che cercava l'accordo tra soggettivo e oggettivo, trovato
fondamentalmente nell'organo generale della filosofia, che è l'arte. La seconda
essendo costituita naturalmente dalla revisione della filosofia kantiana e
fichtiana della natura; la prima stagione è totalmente fichtiana. Mi piace
anche ricordare che già adolescente Schelling padroneggiava il greco e
l'ebraico, quindi il mito antico e la critica biblica, nonché il criticismo
kantiano. Precocissimo dunque, prodigiosamente precoce in filologia, non solo
in filosofia come assistente di Fichte grazie all'interessamento di Goethe,
come è noto, per poi prenderne il posto e ereditarne gli allievi dopo i
problemi che Fichte ebbe con l'Università per il suo ateismo. A quel punto, a
Schelling non restava che smettere di essere un semplice ripetitore di Fichte,
sia pure di primissima qualità, e inventarsi la filosofia della natura dove,
torno a dire, c'è aporia ma Hegel non ha considerato, preso da altri problemi,
che fa anche parte della stagione che prepara l'idealismo estetico. Kirkegaard
non l'ha capito neppure lui, ovviamente.
* * *
Il non-io è realmente a priori rispetto all'io
empirico e in quanto tale è propedeutico alla coscienza del singolo. Io e te
siamo la realtà, l'Assoluto.
* * *
«La
filosofia supera quest’antitesi in quanto stabilisce che l’attività inconscia è
originariamente identica a quella conscia e germogliata dalla stessa radice di
questa; l’identità di cui essa offre la prova direttamente nell’attività senza
dubbio insieme conscia e inconscia che si manifesta nelle produzioni del genio,
e indirettamente, fuori della coscienza, nei prodotti naturali, in quanto vi si
osserva la più compiuta fusione dell’ideale col reale.»
(Friedrich
Schelling, introduzione a Primo
abbozzo di un sistema della filosofia della natura)
«...l’essenza
originaria come assoluta identità del reale e dell’ideale è a sua volta posta
solo soggettivamente, ma noi dobbiamo lo stesso intenderla oggettivamente: essa
dev’esser non solo in sé, ma anche fuori di sé assoluta identità del reale e
dell’ideale, cioè deve manifestarsi, deve attuarsi: deve insomma anche
nell’esistenza mostrarsi come un qualcosa che per essenza è identità assoluta
del reale e dell’ideale. Ma ogni cosa può rivelarsi solo nel suo opposto:
quindi l’identità nella non identità, nella differenza, nella distinguibilità
dei princìpi.»
(Friedrich Schelling, Conferenze di Stoccarda, corso 1809-1810)