Le confessioni di Rousseau sono un
romanzo molto più de Les liaisons
dangeresuses di Choderlos de Laclos.
2 febbraio 2015
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L'aura però gli corrisponde, tardi, nei Triumphi,
colpo di scena nel gran finale:
"Fur quasi uguali in noi fiamme amorose,
almen poi ch'i' m'avvidi del tuo foco;
ma l'un le palesò, l'altro l'ascose. "
almen poi ch'i' m'avvidi del tuo foco;
ma l'un le palesò, l'altro l'ascose. "
4 febbraio
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TRA CLERO REGOLARE E CLERO PIÙ O MENO SECOLARE, TERTIUM DAVVERO E INCONDIZIONATAMENTE
DATUR?
E SEMPRE, PER DIRLA CON BOURDIEU, GLI INTELLETTUALI SONO UN GRUPPO DOMINATO DELLA CLASSE DOMINANTE?
E SEMPRE, PER DIRLA CON BOURDIEU, GLI INTELLETTUALI SONO UN GRUPPO DOMINATO DELLA CLASSE DOMINANTE?
«Attorno a questi
problemi si delineano gruppi di tenore opposto, per così dire ‘in entrata’ o
‘in uscita’. I primi sono quelli che cercano di acconciarsi dentro il mercato
così com’è; i secondi quelli che si separano dalla comunicazione realmente
esistente, muovendo all’aperto verso qualche forma di utopia. I primi
metteranno in campo tutti gli accorgimenti e le prudenze per pubblicare presso
i grandi gruppi editoriali, intervenire sui maggiori giornali e nelle
trasmissioni televisive; i secondi cercheranno di modificare la struttura
attuale del mercato della parola, per esempio finanziando piccole case editrici
o pubblicando i propri lavori su Internet senza diritti d’autore. Naturalmente
tra i due opposti atteggiamenti vi è un’ampia gamma di sfumature: mai come in
questo campo il bianco e il nero non si danno come i colori di un’alternativa
netta. Tuttavia la differenza tra i due modi di essere c’è, ed è palpabile. Il
primo atteggiamento, quello ‘in entrata’, trasforma facilmente l’intellettuale
in un funzionario (magari in un ‘editor’, un servo dell’editoria così com’è), o
in qualcuno che, pur svolgendo un lavoro importante e perfino originale, è reso
dal contesto un cortigiano. Con il secondo atteggiamento, ‘in uscita’, si
rischia costantemente la marginalità ininfluente. Però solo questo è in grado
di salvare l’”onore del chierico”, per parlare come Benda.»
(Rino Genovese, Il destino
dell’intellettuale, p. 52)
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Speremus Latine, Graece autem cogitemus. Dein Latine
meditemur, agamus Graece.
6 febbraio
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Inutile disputa andata avanti per secoli:
basta: l'autore dell'Iliade e dell'Odissea è uno e uno soltanto: Omero. Non
si spiegherebbe altrimenti l'unità di ciascun poema né quanto di metatestuale è
presente nell'Odissea rispetto all'Iliade, né come faccia tutto a ruotare
intorno all'ira di Achille e al viaggio di Ulisse.
7 febbraio
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Ho letto con inquietudine riguardo al volume 97
dei Quaderni neri di Heidegger. La
questione è di tale complessità che in questa sede si può solo vagamente
accennarla. Detto terra terra: saremmo daccapo alla mostruosa e inaccettabile
spiegazione della Shoah - che non ha spiegazione né motivazione alcuna, è
sempre il caso di ribadirlo - come vendetta dell'essere per il deicidio, il che
mi fa piuttosto pensare a un suicidio dell'essere che forse si può leggere tra
le righe appunto come autoannientamento del fondamento
greco-biblico della cultura occidentale. Ma sul nazismo di Heidegger cose
definitive sono state dette da Hannah Arendt: ingenuità e ignoranza delle
circostanze politiche vere e proprie, e di tutto questo la riprova è che il
nazismo non ha saputo né avrebbe saputo che farsi del pensiero di intellettuali
come Heidegger. Ha dunque ragione Severino (e, aggiungo, la Arendt), i Quaderni neri vanno lasciati da parte.
Questo non significa che bisogna ignorarli ma non vanno messi assolutamente in
rapporto con Essere e tempo e gli
altri scritti filosofici.
8 febbraio
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“I nazisti avevano le loro idee, e ciò che
serviva loro erano tecniche e tecnici totalmente privi di idee o imbevuti solo
di idee naziste. Gli studiosi di cui i nazisti si sbarazzarono in men che non
si dica, perché in definitiva ben poco utili, furono proprio i nazionalisti
vecchio stile come Heidegger, il cui entusiasmo per il Terzo Reich era pari
solo alla sua fulgida ignoranza di ciò di cui stava parlando. Dopo che
Heidegger ebbe reso il nazismo rispettabile agli occhi dell’élite accademica,
fu Alfred Bäumler, un ciarlatano ben noto già in epoca prehitleriana, a
prenderne il posto e a riceverne tutti gli onori.”
(Hannah Arendt)
9 febbraio
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Hannah Arendt ha analizzato anche il
totalitarismo di Stalin, ma la storia, si sa, oltre a essere magistra di niente
che ci riguardi, è scritta dai vincitori. A quando una giornata che ricordi gli
orrori perpetrati dagli americani su Hiroshima e Nagasaki? Foibe è parola che mi fa sempre pensare a
fobie. La fobia di non conformarsi al pensiero dominante.
10 febbraio
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L'impostazione neo-unitaria, e derivati, ha
sempre avuto intorno a sé un'aurea di estetismo, non solo nella questione
omerica. Questo apre la strada a qualche paradosso, e in ogni caso a uno strano
dualismo: l'analisi non è scienza del testo, ma parte dal testo per fondarsi
tanto epistemologicamente quanto esotericamente.
È singolare infatti che dalla parte degli
unitari contro i separatisti - o analitici, a cominciare dalle Betrachtungen über Homer’s Iliad del
Lachmann, i cui contributi alla critica del testo
restano peraltro fondamentali (cfr. a questo proposito Sebastiano Timpanaro, La genesi del metodo del Lachmann,
Liviana Editrice, 1990) - ci siano sempre stati protestatari in odor d'eresia,
tacciati di essoterismo e che si trovavano a vivere e operare in periodi di
riflusso.
Il
monopolio della scienza restava nelle mani dei separatisti, come dice
espressamente Jean Bollack, mentre gli altri "erano spesso dei marginali,
considerati come esteti, oppure dei professori di liceo" (La Grecia di nessuno, Sellerio 2007, p.
40). Come si spiega questo? Bollack fornisce alcune risposte, legate al
disprezzo nutrito dalla critica analitica "per il fatto letterario e
pubblico", al punto che la lettura di un testo "prodotto dall'analisi
è la prova di un iniziato".
Il
prestigio scientifico, pure nel paradosso evidenziato, consisteva proprio
nell'estraneità all'interesse effettivo e alle necessità pedagogiche. Insomma
gli analitici abbandonavano l'esegesi, respingendola "ad un livello
inferiore, lasciata ai pedagoghi". Quindi gli unitari finivano per essere
associati al grande pubblico.
La
conclusione che se ne trae è logica e sconcertante allo stesso tempo: scienza non
ispirata, l'analisi occupa il posto di un’attività esoterica laddove quella che
Bollack chiama “esegesi approfondita”, che tuttavia va oltre la pratica
pedagogica pur costituendosi in termini essoterici (operativi e vitalistici),
finisce per sconfinare nell’elucubrazione teologica. Ma uno dei grandi meriti
di Bollack mi sembra proprio la sua riproposta, attraverso l'analisi
dell'analisi, del contenimento del conflitto derivante da questo dualismo.
10 febbraio