sabato 8 agosto 2015

Problemi con Croce: "Materialismo storico ed economia marxistica"


È a prima vista singolare che nella prefazione del 1899 a Materialismo storico ed economia marxistica il filosofo venisse testualmente a precisare: «È stato affermato, da più d’uno, che io, da rigido marxista ortodosso, mi sia venuto via via mutando e abbia assunto, in fine, atteggiamento di critico e di oppositore. Non avrei, naturalmente, nessuna difficoltà ad ammettere il fatto, se fosse vero; ma che non sia vero, non debbo spendervi parole intorno: i saggi qui raccolti, e che sono tutto ciò che ho mai pubblicato in materia, bastano a provarlo» (Laterza 1968, pp. IX-X). In queste parole si coglie, come spesso accade negli scritti di Croce, il gusto del paradosso e delle distinzioni non avulse però dalla coesistenza apparente di elementi contradittori, o falsamente aporetici, proprio in quanto dialettici, o, meglio, qui si comprende anche la funzione pedagogica - perché provocatoria - che Croce si attribuiva e gli veniva riconosciuta di maestro non bisognoso di ripetitori acritici, oltreché naturalmente del filosofo che è un generatore di nuovi problemi da sviluppare da parte di altri. 
Il paradosso scaturiva qui invece dalla confusione che era stata fatta proprio attraverso i fraintendimenti teleologici e fatalistici legati all’attribuzione erronea dei caratteri di una filosofia della storia al materialismo storico. Di conseguenza, si era attribuita a Marx - e «un po’ di colpa spetta – sottolinea Croce - allo stesso Marx; il quale, come una volta ebbe a dire,  amava civettare (kokettieren) con la terminologia hegeliana» (op. cit., p. 7) - la previsione stessa dell’inevitabilità progressiva, fatalistica e quasi provvidenziale del comunismo.
Ebbene, una filosofia della storia - ossia una filosofia dei fatti concreti che costituiscono il corso della storia -  è soltanto possibile qualora tutto il corso della storia sia riducibile concettualmente, ragion per cui il materialismo storico, come era stato sostenuto implicitamente già da Antonio Labriola, non è una filosofia della storia. Tralasciando per un momento il problema che quindi si pone, più di natura logica che storica, quello, cioè, relativo al dilemma se sia impossibile al marxismo essere una filosofia della storia oppure se non esistano tout court filosofie della storia (non potendosi ridurre il movimento storico che al solo concetto di “sviluppo”, teoreticamente non derivabile dall’idea di progresso se non presupponendo anche il regresso nell’avvicendarsi dei fatti concreti: ma questo vorrebbe dire che l’unica filosofia della storia legittima sia quella hegeliana), il materialismo storico non risulta essere il capovolgimento della concezione hegeliana della storia.
Più corretto è denominarlo “materialismo astratto”, perché introduce nella concezione della storia il materialismo metafisico, per l’ovvio motivo che l’idea di Hegel non sono le idee degli uomini. Ecco che il capovolgimento della filosofia hegeliana della storia si dà (semmai) nel considerare immanentisticamente la storia un sistema di forze. Il materialismo storico è allora un fraintendimento o un modo di dire, non avendo relazione col materialismo metafisico. In altri termini, un materialismo storico così concepito è un equivoco marxistico, perché il materialismo storico non solo non è l’ultima e definitiva filosofia della storia, bensì non è affatto una filosofia della storia.