Domani mi metto
gli occhiali rossi.
2
marzo 2015
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Le Confessioni
di Rousseau hanno cadenze qua e là proustiane. Ovviamente Proust le aveva avute
presenti. Ma c'è del Proust in Rousseau, si può dire, come c'è del Diels in
Eraclito o del Marullo in Lucrezio. Si può leggere Proust in Rousseau, come
sanno pochissimi lettori.
3 marzo
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Ho trovato nei miei cassetti una smilza
cartella di anni or sono contenente alcuni fogli dattiloscritti, in prosa.
Andrebbe ripresa, fra i miei centocinquanta progetti e abbozzi. Ma si
tratterebbe di lavorarci su carta, o scrivendo a mano o con la macchina
meccanica, altrimenti perdo il ritmo.
7 marzo
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Le donne sono sempre determinanti nelle situazioni. Questa è una verità che
bisognerebbe dire solo agli uomini (delle donne bisogna parlare solo agli
uomini), ma oggi si può fare un'eccezione. Così arrivato all'isola dei Feaci,
Odisseo rivolge prima il suo saluto alla regina, e solo successivamente al re,
e non si spiega come una civiltà così evoluta culturalmente come quella greca
abbia invece tenuto la donna in tanto scarsa considerazione, tranne che appunto
nel mito e nei grandi personaggi della letteratura...
AUGURI, dunque, a tutte le donne, e in particolare a coloro cui ancora non
ho avuto modo di farli in pvt!!
*
«Il comportamento di Nietzsche a Torino si “spiegherebbe” o si
dimostrerebbe con l’irruzione di un contro-Nietzsche rimosso (dopo la perdita
di Tribschen e la rottura con Wagner e Cosima) – un contro-Nietzsche che
nascerebbe accanto al Nietzsche prima lucido, ma che rivedrebbe, reinterpretandole,
le posizioni appena prese e apparentemente definitive, e che, facendo così, si
servirebbe delle dichiarazioni di Nietzsche (le penultime: Contra Wagner e l’Anticristo)
per sovrapporvi non solo quello che era stato represso perché potesse
pronunciarsi l’anti-wagnerismo, l’anti-cristianesimo, ma anche tutta la realtà
affettiva rinnegata in nome della posizione precedentemente lucida.» (Pierre
Klossowski, Nietzsche e il circolo
vizioso)
La forza di
gravità è debole. Gli atomi di cui siamo fatti sono gli stessi delle stelle, il
sistema periodico è uguale in tutto l'universo visibile. La velocità di fuga
delle galassie è superiore a quella della luce. È lo spazio a dilatarsi.
8
marzo
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“È un felice
destino quello di esser chiamati dalla propria particolare vocazione a fare ciò
che già in quanto uomini, per propria vocazione generale, si avrebbe il dovere
di fare, - di rivolgere il proprio tempo e le proprie energie a nient’altro che
a ciò in vista di cui quel tempo e quelle energie occorrerebbe altrimenti
ritagliarseli con penosa parsimonia, - di avere per compito, ufficio ed unico
lavoro quotidiano della propria vita ciò che per altri rappresenterebbe una
dolce ricreazione dal lavoro!”
(J.G. Fichte, La missione del dotto)
(J.G. Fichte, La missione del dotto)
"Non è che
mancassimo da casa da molto tempo, ma ci dava una sensazione di sicurezza
l'osservare il caro disordine del nostro salotto, punto di partenza di tante
imprese e avventure famose, confessionale notturno di innumerevoli visitatori,
uomini e donne turbati, terrorizzati, che venivano a noi coi loro bizzarri
racconti di soprusi, paure e ogni sorta di follie umane..." ( Michael
& Mollie Hardwick, Vita privata di
Sherlock Holmes)
9
marzo
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«E da Cicerone
al ciceroniano Erasmo (o sancte Socrates ora pro nobis!) il mito passa al
pensiero moderno. Voltaire nel Trattato sulla tolleranza dedica un capitolo
quasi ‘eroico’ all’imbarazzante processo contro il filosofo: Voltaire tenta lì
di conciliare la devozione per Socrate con la sua visione favorevole di Atene e
della ‘tolleranza’ degli Ateniesi; e la sua trovata è che, se quasi 300
giurati, pur soccombenti perché minoranza, avevano votato per l’assoluzione di
Socrate, c’erano dunque ad Atene nientemeno che
“quasi 300 filosofi”! […] Mezzo secolo dopo, Benjamin Constant, che pure
tenderebbe a collocare Atene in una luce meno negativa tra le repubbliche
antiche dalle quali raccomanda di prendere congedo una volta per sempre, indica
comunque proprio il processo e la condanna di Socrate come l’indizio più chiaro
della inaccettabile oppressività di quelle repubbliche (1819).» (Luciano Canfora, Il
mondo di Atene)
“Guidava adagio,
per la strada sonnolenta sotto il gran sole di agosto. Che cosa fosse venuto a
fare in città, con quel gran caldo, Arrigo Laudi non lo sapeva esattamente.
Villeggiava a Rapallo, con la madre e il padre. La sua amante ufficiale del
momento tuffava il bel corpo nella incantata insenatura di Portofino.” (Liala, La passeggera nel vento)
13
marzo
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Tema di ordine generale: La letteratura non si
vede in natura.
14 marzo
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Ho visto Cinquanta sfumature di grigio. Che dirne?
È il racconto del cerimoniale nevrotico,
più noioso del marchese de Sade, cui si uniformano in una complicatissima
macchinazione pseudo-erotica Anastasia Steele, studentessa di letteratura
inglese, e Christian Grey, sorta di dandy dal cognome che vorrebbe vagamente
alludere forse al Dorian Gray wildiano.
Naturalmente si capisce subito che
proprio di letteratura inglese, qui convocata suo malgrado nella sua curvatura
romantica, non c’è la più pallida traccia in questo film che è di una prurigine
mal spesa e peggio evocata, un déjà vu tra 9
settimane e ½ e Baise moi – Scopami,
con qualche citazione involontaria da Adele
H. - Una storia d’amore di Truffaut (magari solo perché Dakota Johnson ricorda
lontanamente Isabelle Adjani).
Battute come:
“Quando fai sesso, c’è qualcosa che non
ti piace fare?” chiesto da lui a lei, o
“È l’ora del bagnetto” non te le
facevano neppure le sorelle Brontë, per non parlare del più classico
“Hai un bellissimo corpo, Anastasia!”,
che non sarebbe venuto in mente neanche al pur castigato Henry James.
Insomma, è un film sulla dialettica
dominazione/sottomissione, ma Venere in
pelliccia di von Sacher-Masoch è decisamente un’altra cosa.
Se non lo avete visto, non vi siete
persi niente.
15 marzo
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"Si trattava, in
sostanza, di un ennesimo appello umanitario. Per noi lasciava il tempo che
trovava; per Moro segnò il momento peggiore di quei cinquantacinque giorni. Fra
tutte le cattive notizie che Mario gli portò, nessuna - neppure il tradimento
degli amici, neppure il falso annuncio della sua morte - lo scosse come il
documento del papa." (Anna Laura
Braghetti con Paola Tavella, Il prigioniero, p. 153)
"Nell'autunno
1924, dopo una serie infinita di incidenti e ostacoli, apparve finalmente il
romanzo che mi aveva avvinto non sette, ma tutto sommato dodici anni, e se
anche l'accoglienza che ebbe fosse stata meno favorevole avrebbe tuttavia
superato le mie speranze fino a sbalordirmi. Di solito depongo un lavoro
compiuto con una rassegnata alzata di spalle senza la minima fiducia che possa
farsi valere nel mondo. Il fascino che il lavoro ha esercitato su di me si è
già smorzato da un pezzo, il compito di arrivare
alla fine è stato una questione di onestà produttiva e in fondo di ostinazione;
e i molti anni di accanimento mi sembrano troppo determinati dall'ostinazione,
troppo divertimento personale a trattar problemi perché io possa arrischiarmi a
sperar che molti altri prestino attenzione alla traccia lasciata dalle mie
singolari mattinate." (Th. Mann, Saggio
autobiografico)
17 marzo
*
"Utamur igitur libertate, qua nobis solis in
philosophia licet uti, quorum oratio nihil ipsa iudicat, sed habetur in omnis
partis, ut ab aliis possit ipsa per sese nullius auctoritate adiuncta iuducari."
(Cic., Tusc. disp. ad M. B. l. V, V 83)
(Cic., Tusc. disp. ad M. B. l. V, V 83)
18
marzo
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“Though few would now claim that the Lesbia poems
reflect the history of a real love affair, the poems are almost always read as
composing a story, even if fictional. Dominating the opening of the collection
is what is usually referred to as a ‘Lesbia cycle,’ a sequence of poems that
presents the basic narrative of a love affair. These love poems (cc. 2, 3, 5,
7, 8, and 11) have been scanned for signs of change in Catullus' (fictional)
relationship with Lesbia, which is said to undergo a progression from light to serious and from
optimistic to bitter. Full-blown versions of the novel of Catullus' love see a
similar progression through the whole book, with Catullus discovering deeper
feelings in himself at the same time as he realizes Lesbia's unworthiness, and
not uncommonly he ends up turning to God. That this story has been so endlessly
elaborated in Catullan scholarship is due to the need to find some way of
stratifying the collection and, above all, of siting the playful, trivial poems
so that they become part of a story of transcendence.” (William
Fitzgerald, Catullan provocations)
19 marzo
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Quella di
Leopardi è "prosa lavoratissima ma estrinseca, e che tiene sovente
qualcosa del vaniloquio accademico." (Benedetto Croce, Poesia e non poesia)
“Quando Croce
afferma che ‘la poesia è già intera quando il poeta l’ha già espressa in
parole, cantandola dentro di sé’, identifica l’intuizione, come immagine
interiore data nell’espressione, con il fatto estetico. Vale a dire che secondo
lui lo stesso processo creativo è un evento esclusivamente interiore che, oltre
a precedere la realizzazione tecnica che rende estrinseca quest’opera già
compiuta, non ne ha nemmeno bisogno. Poiché l’opera come immagine interiore è
dunque già pronta, la sua
espressione-estrinsecazione viene in fondo definita come momento tecnico, anche
se nel migliore dei casi, e cioè grazie al sentire della poesia, essa rimane
inosservata: secondo la logica crociana la parola scritta deve essere preceduta
dalla parola cantata dato che altrimenti non si è in grado di scrivere, e di
conseguenza tutte le cancellature, tutti i cambiamenti sono dovuti solo alla
realizzazione tecnica, e cioè al fatto che la mano precorre l’immagine
interiore conservata dalla memoria.”
(Béla Hoffmann, Poesia e/o interpretazione)
(Béla Hoffmann, Poesia e/o interpretazione)
Ecco il passo:
“È chiaro che la
poesia è già intera quando il poeta l’ha espressa in parole, cantandola dentro
di sé; e che, col passare a cantarla a voce spiegata per farla udire ad altri,
o a cercar persone che la imparino a mente e la ricantino altrui come in una
schola cantorum, o a metterla in segni di scrittura e di stampa, si entra in un
nuovo stadio, certamente di molta importanza sociale e culturale, il cui carattere
non è più estetico ma pratico.”(Benedetto Croce, Aesthetica in nuce)
20
marzo
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«Si sedeva davanti al computer tutti i giorni dalle nove alle undici, come
aveva fatto per tre anni a quella parte (e per qualcosa come mille anni prima
di allora aveva trascorso due ore seduto davanti a una vecchia Royal da
ufficio), ma, per gli esaltanti risultati che ne stava traendo, meglio avrebbe
fatto a scambiare quella macchina per un motoscafo e uscirsene sul lago a
divertirsi coi ragazzi.
Quel giorno durante la sua seduta quotidiana aveva prodotto le seguenti righe di prosa immortale:
Quel giorno durante la sua seduta quotidiana aveva prodotto le seguenti righe di prosa immortale:
Quattro giorni dopo aver avuto la conferma definitiva che sua moglie lo
tradiva, George l’affrontò.
“Devo parlarti, Abby”, disse.
“Devo parlarti, Abby”, disse.
Non andava.
Era troppo vicino alla realtà perché
potesse andare bene, Non era mai stato molto brillante di fronte a episodi
tratti dalla vita vissuta. Forse il problema era tutto lì.
Spense il computer,
ricordandosi, solo un attimo dopo aver abbassato l’interruttore, che non aveva
salvato il testo. Oh, be’, pazienza. Forse era stato il critico che aveva
nell’inconscio a dirgli che non valeva la pena salvarlo.»
(Stephen King, Finestra Segreta, Giardino Segreto)
“Ho quasi vent’anni più di
Fabrice, e sopportavo meno bene di lui il fatto di essere messo continuamente
sotto esame da un manipolo di fighetti con la barba di tre giorni che potevano
essere miei figli e prendevano un’aria di sufficienza davanti a quello che
avevamo scritto. La tentazione di dire: ‘Ragazzi, se sapete così bene che cosa
bisogna fare, fatevelo da soli’ era forte. E vi ho ceduto. Contro i saggi
consigli di mia moglie Hélène e di François, il mio agente, non sono stato
umile e me ne sono andato sbattendo la porta a metà della prima stagione.”
(Emmanuel Carrère, Il Regno)
Affascinante questo libro di Carrère. Uno che dice di aver
creduto e ora si dichiara nuovamente agnostico. Ma avrà davvero creduto? Insomma ho la sensazione - di altro
non potrei, al momento, parlare - che non abbia, in realtà, nonostante le
quotidiane pratiche di devozione di quel periodo, mai creduto. Oppure,
affermando adesso di non credere, sta dicendo di credere? Ma non lo sta dicendo...
non lo so. Sono solo alle prime
decine di pagine de Il Regno e magari
mi sbaglio
23 marzo
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“Quando dal Machiavelli e dal Vico si passa a leggere il Contratto sociale, si ha l’impressione
di non saper più in che mondo ci si trovi: certo, non nel mondo della storia
politica né della filosofia della politica. Il problema del Machiavelli era di
affermare la qualità propria e la necessità della politica come politica;
quello del Vico, d’intendere come la dura e violenta politica si congiunga con
la vita etica. Ma il problema del Rousseau non è di questa sorta, e, in fondo,
non è un problema che si riferisca all’indagine della realtà. Si tratta,
com’egli stesso dice, di escogitare una forma di associazione, nella quale
‘chacun s’unissant à tous, n’obéisse pourtant qu’à soi-même et reste aussi
libre qu’auparavant’.” (Benedetto Croce, Elementi di
politica)
“Al ‘come se’ della finzione, la parodia oppone il suo
drastico ‘così è troppo’ (o ‘come se non’). Per questo, se la finzione
definisce l’essenza della letteratura, la parodia si tiene per così dire sulla
soglia di questa, ostinatamente protesa fra realtà e finzione, fra la parola e
la cosa.
[…] Facendo morire il suo oggetto d’amore, Dante muove certamente un passo di là della poesia trobadorica. Ma il suo gesto resta ancora parodia, la morte di Beatrice è una parodia che, staccando il nome della creatura mortale che lo porta, ne raccoglie l’essenza beatificante. Di qui l’assoluta mancanza del lutto, di qui alla fine il trionfo non della morte, ma dell’amore. La morte di Laura è, invece, la morte della consistenza parodica dell’oggetto d’amore trobadorico e stilnovista, il suo diventare ormai soltanto ‘aura’, soltanto un flatus vocis. Gli scrittori si distinguono, in questo senso, secondo il loro iscriversi nell’una o nell’altra di due grandi classi: la parodia e la finzione, Beatrice e Laura. Ma sono possibili anche soluzioni intermedie: parodiare la finzione (è la vocazione di Elsa), o fingere la parodia (è il gesto di Manganelli e Landolfi).” (Giorgio Agamben, Profanazioni)
[…] Facendo morire il suo oggetto d’amore, Dante muove certamente un passo di là della poesia trobadorica. Ma il suo gesto resta ancora parodia, la morte di Beatrice è una parodia che, staccando il nome della creatura mortale che lo porta, ne raccoglie l’essenza beatificante. Di qui l’assoluta mancanza del lutto, di qui alla fine il trionfo non della morte, ma dell’amore. La morte di Laura è, invece, la morte della consistenza parodica dell’oggetto d’amore trobadorico e stilnovista, il suo diventare ormai soltanto ‘aura’, soltanto un flatus vocis. Gli scrittori si distinguono, in questo senso, secondo il loro iscriversi nell’una o nell’altra di due grandi classi: la parodia e la finzione, Beatrice e Laura. Ma sono possibili anche soluzioni intermedie: parodiare la finzione (è la vocazione di Elsa), o fingere la parodia (è il gesto di Manganelli e Landolfi).” (Giorgio Agamben, Profanazioni)
25 marzo
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"L'insistenza nel ricercare le cause, lo scambio tra
causa ed effetto, l'acquietarsi in una falsa teoria provocano gravi danni, che
non è il caso di sviluppare." (Goethe, Massime
e riflessioni, 585)
Oggi ho tenuto parte di una lezione di storia sulla
tetrarchia di Diocleziano in latino. Una sperimentazione a braccio.
Mi piace andare da solo al cinema. O se sono accompagnato,
non ammetto commenti durante la visione. Totale silenzio.
Fini in Ragazzo ha
“plagiato” - sia detto tra virgolette e dannunzianamente, e dunque eufemisticamente
- alcune felici espressioni di Ervino Pocar relative al Faustus di Mann: diciamo peccato veniale, sono solo poche parole
sia pure inconfondibilmente di Pocar (il più grande traduttore italiano di
Thomas Mann e non solo, secondo me), quando afferma, a p. 69, che il Faustus è opera “sovrabbondante di
citazioni erudite, carica di simbolismi ermetici”, il che è da confrontare con l’introduzione Mondadori (XII ristampa 1996) del
romanzo di Mann, dove si dice: “sovrabbondante di citazioni erudite, misteriosa
per simbolismi ermetici e allusioni non sempre palesi”...
Ora. Le parole di Pocar sono di quelle che difficilmente si dimenticano, finiscono per far parte del DNA e nella stessa narrazione manniana si riscontrano affermazioni contrarie alla rivendicazione del copyright. Ma non è condivisibile la stroncatura che lì Fini fa del Faustus, che è sì opera stanca e smembrata, ma anche di potente suggestione, come rilevò Cusatelli. E dove la stanchezza è parte integrante della struttura, che è talmente grandiosa da recuperarla come elemento narrativo attraverso la suprema ironia dell'autore.
Ora. Le parole di Pocar sono di quelle che difficilmente si dimenticano, finiscono per far parte del DNA e nella stessa narrazione manniana si riscontrano affermazioni contrarie alla rivendicazione del copyright. Ma non è condivisibile la stroncatura che lì Fini fa del Faustus, che è sì opera stanca e smembrata, ma anche di potente suggestione, come rilevò Cusatelli. E dove la stanchezza è parte integrante della struttura, che è talmente grandiosa da recuperarla come elemento narrativo attraverso la suprema ironia dell'autore.
Talvolta Rousseau mi sembra Max Stirner.
26 marzo
*
L'ergastolo è un istituto ignobile. Sono contento per
Raffaele Sollecito!
27 marzo
*
Due diversi (non poi tanto) tipi di
intellettuale.
E in epoca non sospetta (si fa per dire):
«Carlo conosceva Blessi solo di nome.
Assicuratosi di non esser visto dall’interno della libreria, Rinaldo disse:
“Ha un incarico di sociologia della letteratura
a Teramo. Ha scritto diversi saggi aggrovigliatissimi e tre romanzi, perlomeno
incolori. Ha un concetto della letteratura da studente delle medie. Guai se lo
escludono da un’antologia, se non lo convocano a uno solo dei convegni
disseminati per la penisola! Valuta il talento di un autore dal numero dei
libri scritti e i libri dalla quantità delle pagine. Bega per apparire anche
solo un istante in televisione, per parlare cinque minuti a una radio privata.
In questi ultimi tempi s’è deciso, va dall’analista. Pare si stia scoprendo, ma
questo non lo rende meno petulante. La moglie l’ha piantato un mese fa, è
andata a vivere in una comune di donne. La Carella, che non manca di acume,
l’ha paragonato a una ciocia. Sai, le calzature dei pastori! Certo si trova in
libreria per raccomandarsi ai commessi, che mettano in vetrina il suo libro.”»
(Elio Pecora, Estate, Bompiani 1981, pp. 17-18)
«Nel
chiacchierio generale Andrea si rivolse a Carlo:
“Il solito ritardo nostrano. Il poeta
sofferente, ovviamente povero, continuamente minacciato da mali mortali. Sempre
incompreso, anche se scrive per il giornale delle famiglie. Diverso perché bisognoso
di compassione, recita la nevrosi intanto che si strugge per la consapevolezza
della sua recita. Col piagnisteo si procura premi in quadri d’autore e in
assegni, partecipa ai convegni, convince gli amici indecisi ad avallarlo sui
fogli letterari, non cessa di sperare in qualche contentezza almeno in punto di morte. È il vate veggente.
Se ne sta al sicuro, traffica fra il letto e il frigorifero, sollecitando
inviti a cena e fuori città intona sublimità in nome del mistero.”»
(Elio Pecora, Estate, pp. 103-104)
*
De vitae secretae voluptatibus.
28
marzo
*
Gli auguri per le Palme non se li scambiano solo i cattolici
tra loro, o così non dovrebbe essere, è un discorso almeno di buona creanza
universalmente (non nel senso di cattolicamente) acquisibile. Se no a questo
punto non avrebbero senso neppure gli auguri di buon Natale, buona Pasqua, e
così via, che pure tutti indistintamente non mi sembra rigettino.
Stabat Mater dolorosa.
- Stiamo.
29 marzo
*
“Quando
un essere umano si trova in un momento decisivo della sua esistenza, i veri
amici fanno di tutto per lui. Gli altri continuano invece a badare ai loro
piccoli affari. Ma io ho avuto delle prove di amicizia perfino da gente che non
conoscevo o conoscevo appena. Mi ha scritto anche Joseph Losey, che conoscevo
appena. Mi ha mandato una lettera meravigliosa. Allora mi sono detto: ‘Guarda
un po’, bisogna essere malati per conoscere meglio le persone, per capire la
gente, per rendersi conto di chi è sensibile e di chi non lo è…’.” (Luchino
Visconti a Costanzo Costantini, in L’ultimo
Visconti. La sua lunga, dura, spietata lotta contro la malattia e la morte)
30 marzo