mercoledì 10 maggio 2017

10 maggio 2017

Ho sempre scritto poesia, narrativa dapprima vicina a certo divertito maledettismo o, come si diceva, gelidamente/"d'annunzianamente" lussuriosa o saggistica (o tiepidamente, in anni molto giovanili: o anche caldissimamente, ma tanto valeva vivere al di fuori dell'opera) ma questo Ultimo Virgilio è diverso dalle altre mie cose, un po' come, si parva licet, la Germania nella produzione tacitiana. Insomma ho voluto, anche, dimostrare che una lepidezza del vivere frivolo, per certi aspetti, nonostante una certa qual pesanteur lamentanta in primo luogo da me, non contraddice il possedere dottrina in specie su una materia che mi è intimamente congeniale fin da quando ero liceale. Un giorno molto lontano, per amor di Tiziano, scriverò un libro sull'Amor Sacro, magari con l'imprimatur (non poniamo limiti; poi che importa l'imprimatur?). Intanto, questo Virgilio è un unicum forse, anche se ho messo da parte un altro lavoro sulle antichità classiche che riprenderò presto, ma dopo aver finito un'altra cosa che nel frattempo stava e sta premendo. ΣΔΦ

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