domenica 5 novembre 2017

“Fantasmi vesuviani” di Felice Piemontese

Ho trascorso il pomeriggio rileggendo Fantasmi vesuviani di Felice Piemontese (Hacca, 2009). Un frammento di tempo ritrovato questo libro sulla cultura napoletana della seconda metà del trascorso Novecento. Sono tante le personalità che si susseguono, tra maggiori e minori: Lucio Amelio, Luigi Incoronato, Luigi Compagnone, Domenico Rea, e soprattutto Giancarlo Mazzacurati, successivamente trasferitosi a Pisa, sempre coinvolto dagli "irregolari" e lui stesso un "corpo estraneo" nella facoltà, e le cui lezioni di letteratura Italiana erano le più frequentate - affollatissime, me ne ricordo bene - dell'ateneo napoletano. E Anna Maria Ortese immancabilmente legata al racconto Il silenzio della ragione, ne Il mare non bagna Napoli, che suscitò com'è noto un'infinità di risentite polemiche. Poi la fortuna postuma di Enzo Striano, il significativo resoconto dell'incontro coi paesi del socialismo reale, lo sconosciutissimo Albino Pierro candidato al Nobel, provocando lo sconcerto di Mario Luzi che arrivò addirittura a invocare, sulle pagine del Corriere della sera, l'intervento della magistratura (erano gli anni di Mani pulite) perché si indagasse sull'inammissibile affronto da lui subito.
Ciò che soprattutto colpisce è che nel libro nulla è concesso al lirismo, né alla facile maniera che l'argomento "Napoli" avrebbe potuto indurre: il memoriale va avanti come un commentarius cesariano asciutto e implacabile nella sua precisione e imparzialità, mentre si percepisce bene tra le righe l'attenzione appassionante del venerato maestro per il labirinto di realtà e di destini quale è tuttora l'area napoletana.


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